Il Museo dei cordai
Castelponzone, piccolo borgo oggi frazione del Comune di Scandolara Ravara, è stato nei secoli uno dei centri più importanti del casalasco, essendo fin dal Medioevo sede del feudo dei cremonesi conti Ponzone. Qui si ergeva la loro rocca, all’interno di una fortificazione che difendeva tutto il perimetro dell’abitato e di cui si possono vedere ancora alcuni suggestivi resti, insieme alla caratteristica via principale porticata. Per i caratteri della sua struttura urbanistica è entrato di recente a far parte dei Borghi più belli d’Italia.
Fra le molteplici attività artigianali e di commercio sviluppatesi grazie a questa sua condizione, la produzione di corda ha assunto forte rilievo a partire dalla metà dell’Ottocento, fino a coinvolgere buona parte degli abitanti. I cordami venivano realizzati con una tecnologia semplice e ingegnosa, basata su una grande ruota e su un attrezzo in legno, detto masoòl, utilizzato per la torcitura dei trefoli, i fili elementari di canapa preparati a partire dalla fibra grezza.
La materia prima, la canapa, veniva inizialmente coltivata e preparata in loco, poi acquistata nelle zone di maggior produzione, come Modena e Ferrara, fino alla sua sostituzione con un materiale d’importazione, il sisal. Le diverse fasi della lavorazione, dalla preparazione della fibra di canapa alla sua filatura, fino alla ceratura della corda, coinvolgevano l’intera famiglia del cordaio: era tra l’altro consuetudine affidare ai bambini il compito di far girare la ruota, la cui regolarità di movimento era essenziale per ottenere un buon prodotto.
L’introduzione di un sistema semiautomatico intorno al 1930, poi il ricorso all’energia elettrica hanno permesso di semplificare e rendere più agevole il lavoro. La qualità del prodotto ha determinato un’espansione della produzione che ha raggiunto i massimi livelli nella prima metà del Novecento, quando i cordai, che lavoravano per la maggior parte a cottimo, avevano disseminato i viottoli della campagna appena fuori dal paese dei caratteristici sentèer, le strisce di terreno lungo i campi, spesso all’ombra dei gelsi, lungo le quali si svolgeva il lavoro, sempre all’aperto.
I tipi di corde prodotti andavano da quelle più comuni per gli usi agricoli fino alle grosse gomene e alle sartie destinate alle navi, in un raggio di commercializzazione allargato a varie regioni d’Italia e anche all’estero: resta leggendaria fra gli anziani l’impresa più importante, la fornitura del sartiame del transatlantico Rex, la più grande nave passeggeri italiana varata nel 1931.
Questa attività ha segnato profondamente la vita del paese: ha inciso sull’economia locale e sui rapporti sociali – instaurati fra i cordai e i pochi padroni, di solito proprietari terrieri, che procuravano la materia prima e rivendevano il prodotto finito – e l’ha regolata con le sue cadenze stagionali. Ha persino determinato la nascita di un gergo, diverso dal dialetto locale, compreso solo da chi lavorava la corda ma non limitato a quell’argomento: la sua origine linguistica arcaica sembra ricondurre al ‘furbesco’ in uso nei secoli XV e XVI.
Il tempo della corda a Castelponzone è tramontato dopo la seconda guerra mondiale con l’affermarsi della produzione industriale e delle fibre sintetiche, nonostante i tentativi di adeguamento con l’utilizzo di materie prime naturali d’importazione come il sisal e la manila.
Fra le realtà museali del territorio casalasco, il Museo dei cordai, che fa parte del Distretto culturale della provincia di Cremona, costituisce una novità e un interessante arricchimento sul piano etnografico. Vi è raccolta una rassegna completa degli attrezzi usati nelle diverse epoche per la fabbricazione della corda e un vasto campionario di corde e di manufatti in corda: da quelle usate per i finimenti dei cavalli ai cordami più pesanti, destinati a usi diversi: nei lavori agricoli, ad esempio per confezionare reti, o in marina, e in questo caso prendevano la strada verso Genova e la Liguria.
La grande ruota a manovella, fulcro dell’esposizione, permette di osservare e sperimentare direttamente la confezione della corda a partire dai singoli fili: gli ultimi, anziani cordai, che possiedono ancora i segreti dell’abilità manuale del lavoro, illustrano tutte le fasi del processo.
Completano l’esposizione alcune foto storiche che riprendono i cordai durante il loro lavoro ed alcuni filmati a scopo divulgativo resi possibili dagli ultimi cordai.
Nel museo sono previste attività didattiche rivolte in particolare alle scuole elementari e medie inferiori. Per le scuole superiori sono possibili visite guidate con approfondimenti storici, etnografici, tecnologici secondo un programma concordato con gli insegnanti. I laboratori pratici si concentrano sulla storia, sulla realizzazione e sugli usi della corda.